Se avete quest’album e avete già letto un paio di tonnellate di recensioni e volete leggervi pure questa allora sappiate che siete messi maluccio.
Se non sapete cosa sia questo album proseguite nella recensione come se niente fosse.
Di “Trout Mask Replica” ne sentirete parlare come “il più grande album di tutti i tempi” o come “le mie scoregge suonano meglio e puzzano meno”. Quando ci si trova di fronte ad un opera che divide e polarizza la discussione in modo così deciso bisogna innanzi tutto fare ordine.
La cosa migliore sarebbe questa: fregatevene di cosa ne dice la g-gente, compratevi ‘sto dannato disco e mettetelo sul piatto, fatelo girare ben ben e accostate la puntina con estrema lentezza per gustarvelo in santa pace. Oppure scaricatelo da iTunes e fatelo partire sul vostro asettico iPod. Ecco, ascoltatelo con leggerezza, con divertimento e senza troppe seghe mentali. Se vi piacerà, bene, se non vi piacerà, chissene, avanti il prossimo!
Ma, ehi, quando devi tirarci sù una critica costruttiva allora non puoi mica svignartela così bello mio.
È facile dire: l’ho letto su Wire, è un fottuto capolavoro, quindi zitto e muto!
Come è altrettanto facile affermare: non sa di un cazzo, è fatto per ridere, perché dovrebbe essere il disco più figo del rock se non suona nemmeno rock???
Però queste non sono discussioni in merito ad un album, ma bisticci idioti senza direzione.
La critica musicale non ha apprezzato all’unanimità TMR alla sua uscita. Gran parte degli elogi venivano dalla critica rock più “estrema” e riluttante ai soliti nomi che vivacchiavano in alto alle classifiche, e anche da una parte della critica jazz con forti accezioni fortemente sperimentali.
Nel corso della storia l’album in questione è stato pian piano riconosciuto universalmente come un capolavoro unico e irripetibile, e sono pochissimi (sempre che esistano) i critici musicali che mettono in dubbio la caratura di questo disco.
Ma ovviamente la critica musicale non è tutto, anche se in questo campo è la voce più autorevole (sopratutto quando un album è ormai storicizzato e può essere valutato in modo più oggettivo).
Probabilmente la parte più complessa nel valutare oggettivamente un album risiede nel momento in cui ti rendi conto che quell’album ti fa cagare.
La prima volta che ascoltai TMR mi piacque, quindi non faccio testo, ma è più comune che avvenga il contrario data l’unicità compositiva che lo diversifica in modo così violento da tutta la produzione rock fino al 1969, e che ancora oggi trova pochi esempi egualmente al limite.
Detto ciò io ho mal digerito al primo ascolto i Little Feat, i Creedence Clearwater Revival e addirittura (e non mi vergogno ad ammetterlo) i Gun Club. Sono tre esempi di fruibilità completamente diversi e certamente più accessibili di TMR come anche di approccio al rock, e sebbene all’inizio li trovai non adatti a me (per non dire insopportabili) ne riconobbi subito il valore storico. Ho voluto fare questo esempio perché in questi mesi sto riascoltando ed rivalutando proprio queste tre band (dei Gun Club ho acquistato tutta la discografia nell’arco di un mese!), ma per alcune non ci sono stati cazzi, mi annoiano a morte a prescindere dal loro valore storico.
Il nocciolo della questione è: ma che valore storico ha TMR?
Beh, sarebbe lunga, ma mi limiterò alle mie impressioni da totale imbecille sul web col suo bel blogghino da sfigatello.
Se escludiamo Ella Guru, Moonlight On Vermont e Sugar ‘n Spikes, le uniche tre tracce a presentare una forma quasi melodica o tradizionale a tratti, il resto dell’album è un volo che viene delle volte erroneamente definito psichedelico (oppure di matrice blues) quando invece è solo free-form e anarchia jazz-rock totale.
Tutto parte dalla seminale mente di Beefheart, che sperimenta su un pianoforte che non sa suonare idee, concetti e impressioni del tutto fuori da ogni schema compositivo, lasciando che Drumbo (all’anagrafe John French, il batterista della Magic Band) cercasse di dare un vago senso compiuto a quegli schizzi anarchici.
Oltre le leggende, che potete leggere più o meno ovunque, la cosa che deve saltare all’orecchio è come Beefheart in modo del tutto tirannico (come ogni regista che si rispetti e non ho usato la parola regista a caso) costringe la sua band a delle sessioni di lavoro da gulag russo, lasciando che la sua creatura prendesse il sopravvento sulla razionalità e sul controllo che normalmente hanno i musicisti sulle loro composizioni.
Le poche interviste di Beefheart rilevano come il concetto alla base del Capitano fosse quello di eliminare le singole personalità, proponendo un lavoro stanislavskiano di musicista fuori dalla musica che sta suonando, diventandone parte concreta.
In fondo il concetto non è così complesso come può sembrare, la situazione in cui versano i musicisti violentati da Beefheart è quella di un drogato che prova un senso di totale unità con l’universo che lo circonda pur essendo al di fuori di sé.
Questa operazione, sebbene anarchica, è sostenuta da una tecnica e da un controllo eccellente, spesso ai limiti possibili. Nessuno la fa fuori dal vaso, le due chitarre poste una destra e l’altra a sinistra provocano l’ascoltatore (sono le impressioni di Beefheart, le idee anarchiche fuori da ogni concetto prima ideato) mentre la batteria di Drumbo, posta sempre al centro (a parte in piccole idee particolari come in The Blimp (Mousetrapreplica)), è il collante necessario (e aggiungo: la parte razionale) per mantenere stabile questo monumentale e azzardato progetto.
Ci sono anche tantissimi momenti morti (il primo che mi viene in mente è la pausa tra Hair Pie: Bake 1 e il bellissimo attacco di batteria di Moonlight On Vermont) ci sono anche momenti in cui Beefheart canta senza accompagnamento (tramite il collage di strofe cantate singolarmente, come in Orange Claw Hammer) e addirittura c’è una registrazione della band mentre mangia (nei primi istanti di Fallin’ Ditch).
Difficile definire tutto questo come un album prettamente rock, o addirittura un album di musica in generale. L’esperimento di Beefheart è una doppia provocazione, sia al musicista esperto che al fruitore occasionale. Al primo mostra i muscoli (Sugar ‘n Spikes) e anche la possibilità di andare oltre la tonalità e alle leggi che regolano il limitatissimo mondo del rock (che poi è il principale motivo per cui questo album è considerato così fondamentale), al secondo propone un ascolto più partecipato, più sensibile, perché TMR non è affatto un album costruito per emozionare o cose così, la sua sensibilità non sta nel farti fare due lacrimuccie o a farti incazzare contro il Reagan di turno, ma cerca piuttosto di estraniarti da te stesso per raggiungere il Capitano nella sua jam infernale.
Anche nei testi risulta difficile trovare un senso comune, si va dalla rievocazione dell’olocausto di Dachau Blues alle immagine sessualmente contorte di Neon Meate Dream of a Octafish, il tutto ispirato da una ricerca squisitamente dadaista (forse delle volte anche tramite la tecnica del cadavere squisito).
Il metodo di Beefheart si allontana decisamente dalla serietà degli esperimenti free-jazz o del rock definito underground, perché se da una parte il controllo tecnico e concettuale sull’opera è totale, dall’altro il Capitano sta sbeffeggiando goliardicamente i limiti auto-imposti del rock.
L’infinito accostamento di idee, suoni, raccordi e distorsioni fa di TMR una raccolta geniale che, per forza di cose, è anche all’avanguardia di tutti i generi che il rock toccherà negli anni successivi.
Credo sia difficile fruirlo come un album dei Pink Floyd, ma immagino che questo dipenda anche dalle personalità (a me, per esempio, mi piace molto ascoltarlo mentre studio o scrivo), ma penso non ci possano e non ci debbano essere dubbi sul valore di questo capolavoro del Capitano, ben oltre il precedente e eccellente “Safe As Milk” (1967) e certamente mai più ripetutosi a questi livelli.
[Deh, forse per qualcuno questa recensione potrebbe anche apparire breve e incompleta, ma essendo il web assediato da ottomila recensioni (soltanto in italiano) di questo album credo di aver effettuato una sintesi dei motivi per cui TMR è un fottuto capolavoro abbastanza precisa e leggera, senza tirare il ballo il Dasein di Heidegger, senza masturbarmi sulle componenti tecniche e senza insultare nessun critico di Blow Up, Mucchio, Buscadero, Rumore o-che-so-io. Quindi: ‘fanculo, comprate questo album, e se non vi piace peace & love.]
…se volete leggere quella che ritengo sia la migliore recensione in assoluto cliccate qui. È stata scritta nel 2008 dal miglior blogger mai esistito, anche se da tempo disperso (si dice rapito da degli alieni).
E infine…
ma che cazz???
per il momento passo solo per salutare, per dire “Primo!” e per chiedere:
ma quello perché se ne sta con un’abat-jour rotta in mano?
e perché quell’altro sta sotto al pontile così che si vede solo la faccia?
e perché diamine usare una maschera di pesce?
una maschera… maschera come “teatro”.
appresto!
PS
per quello che hai detto sui creedence e gun club: potrei spararti a vista
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La copertina è un parto di Schenkel (quello di Zappa) assieme al Capitano, in linea generale è la trasposizione del titolo dell’album, è “la replica di una maschera di una trota”! Anche l’abat-jour è un elemento che è messo lì solo per provocare il potenziale acquirente, il complesso è estremamente inusuale e in certo senso è la perfetta anteprima di quello che troverà al suo interno. Nessuna iconografia o simbolismi criptici, solamente la resa fotografica di un concetto musicale, perfettamente riuscita.
P.S.: lo so, lo so, sono marcio dentro. Comunque mi sto riprendendo tutti i dischi fondamentali delle band suddette, è che certi pregiudizi che ti fai a 14 anni delle volte faticano ad andare via. Cazzo, all’epoca ascoltavo certa merda che mi vergogno solamente a ripensarci…
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sìsì ma è un modo, credo, di testimoniare ulteriormente il legame al teatro, come metodo di rappresentazione, e quindi narrativo. un po’ come i pere ubu, e tanti altri (penso ai cccp).
P.S.
e di che ti vergogni! io pure ascoltavo robaccia a 14 anni. e pure adesso ascolto robaccia. o gli einsturzende neubaten li possiamo considerare come produttori di bella roba?
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Ohi ohi, pensa che me lo sono pure goduto un concerto di FM Einheit (membro degli Einstürzende Neubauten), alla Limonaia a Firenze (organizzato da quei “mattacchioni” di Tempo Reale). È colpa loro se adesso ascolto la musica drone senza impazzire.
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la cosa che m’incuriosisce è la “limonaia”. cos’è? un locale in cui si è obbligati a limonare con chiunque?
PS
dicesi musica “drone”?
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La Limonaia si situa a Villa Strozzi, Firenze, sostenuta da Officine Creative è praticamente un covo di pazzi che si danno alla creatività sfrenata. Tra gli eventi dell’anno ci sono state esibizioni di canto lirico, DJ set, mostre allucinanti di vinili, e ovviamente sagre della pizza e del cinghiale.
Purtroppo (o per fortuna) nessuno è obbligato a limonare nessuno.
P.S.: La drone essenzialmente sono bordoni ripetuti all’infinito che creano una tessitura spaziale dalla quale non ci esci tutto intero. Tecnico eh? (sì, sono sarcastico) Ok, facciamo degli esempi: dagli Stooges a La Monte Young, da Klaus Schulze a Spaceman 3, dai La Piramide Di Sangue ai Mai Mai Mai, tutto quello che è rumore ripetuto nella forma del bordone è perlopiù drone music.
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‘nsomma vi trattate bene. bravi!
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Stavolta sono in ritardo io, ma come router ho solo il cellulare di mio fratello per almeno cinque giorni. Che palle.
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Adoro il Capitano…ma AMO i CCR.. 🙂
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Deh, devo dire che mi stanno ringalluzzendo pure a me. Però continuo ad amare di più il Capitano. Quell’uomo mi ha fatto esplodere il cervello come nessun altro.
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Buongustaio 🙂
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Capitano mio Capitano.
Indiscutibilmente un genio, meglio è quando non ci aveva tra i piedi Zappa.
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Assolutamente. Un genio puro e come tale tirannico, ha sempre dato il suo meglio senza le interferenze di altri artisti e non è un caso se i suoi musicisti erano perlopiù appendici della sua anarchica visione.
E poi sono convinto che sia stato Zappa a ricevere tanto da Beefheart e non viceversa. Basta considerare un pezzo come “The Torture Never Stops”, senza la voce incommensurabile del Capitano sarebbe un’altra cosa.
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Pure io ne sono convinto.
Zappa non mi sconfinfera mica tanto eh.
Sia chiaro assoluto rispetto.
Ti posto i Mallard..praticamente la magic band dopo che si è rotta il cazzo del despota. Post 74
Giusto per completezza; si destrutturano come con il capitano, ma è n’altra cosa.
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Avevo trovato qualcosa di loro mentre cercavo un album dei contemporanei The Mallard.
Mi ero riproposto di acquistarli presto, non sono il Capitano è vero, però sono musicisti fuori dal normale.
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Sti Mallard sembrano la versione tamarra & patetica (cioè Vendibile) di Cpt Beefheart. Penso che se qualcuno ha travisato il messaggio di Trout Mask Replica sono proprio sti cosi (che personalmente sono peggio dei coglioni che dicono “non lo capisco, è così strano, è così rumoroso”.
A sto punto meglio meglio Bruce Hampton, almeno è più creativo.
p.s.: per caso mi sono imbattuto in un omaggio alla mia persona che mi ha commosso…
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Da quale dannato pianeta sei sceso?
Praticamente questa recensione è un omaggio TOTALE alla tua persona, in particolare alla miglior recensione che si sia mai vista sulla faccia della terra! Che fine hai fatto?
Lo sai che lo danno in replica lo spettacolo dell’Ubu Roi che ti sei perso? Te lo consiglio di nuovo e rinnovo l’invito, maledetto.
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Beh, sostanzialmente da nessuna parte. Ho avuto giorni migliori. Ma anche peggiori. Ora mi sto disintossicando al SerT (insomma, ho avuto una serie di sfortunati eventi).
Non so cosa stessi cercando su google, ma in seconda posizione trovo sto blog e mi dico: ma sto comboniano lo conosco! Eri tu. Poi ho visto la dedica e mi sono un po’ commosso.
Beh,anche se non credo di aver scritto nulla di così stratosferico accetto lo stesso il complimento e ti ringrazio.
Allora, quando ancora stavo con la ragazza di Roma andai a vedere un Ubu Roi particolarmente schifoso. Mi auguro che non sia la solita compagnia. Era una rivisitazione non totalmente fedele e per giunta modernizzata, con suoni e luci del cazzo. Bah,,,
Molto interessante il blog, complimenti. E pensare – e lo dico davvero senza offesa o ironia – che ti credevo non troppo capace di criticare in modo più “tecnico” la musica. Beh, bravo cittìno (come dichino gli aretini)-
Ciao Giuseppe!
(non so perché, ma la mail che mi avvisava che mi avevi risposto era nella sezione spam…)
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Per onor di cronaca, quell’Ubu Roi andai a vederlo a Roma. Per questo non so se è la stessa compagine.
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Sono contento di sentirti, qualche tempo fa ho iniziato delle ricerche su ll’Exploding Plastic Inevitable, e mi si aprì un mondo che sostanzialmente non avevo mai affrontato seriamente. Con la ri-scoperta della psichedelia e in particolare del garage mi ricordai di una compilation che avevi fatto, “They Might Be Garage”, e da lì sono partito per una storia del rock che mi ha appassionato. Non è una cosa seria, ovviamente, né credo di essere un critico particolarmente preparato o che so io, però mi piace e tanto mi basta.
Comunque nel cercarti trovai molti tuoi interventi su Giovani.it, per un attimo ho pensato che ti fossi trasferito lì ma mi accorsi che erano discussioni datate 2008 o giù di lì. Così ho fatto copia-incolla di tutti gli interventi più interessanti, e pensa che alcuni sono finiti dritti dritti nella mia tesina (in fase di costruzione).
Strano sentirti modesto, “Lo zen e l’arte di recensire Trout Mask Replica” era davvero tanta roba (per non parlare di “H.C.? H.D.!” sugli Hüsker Dü, “Kill Your Idols” (esilarante), e la tua evoluzione personale nei confronti dei Radiohead!).
Leggendo “American Gods” di Neil Gaiman mi sono accorto di come la tua scrittura sia sempre stata più vicina alle influenze americane tanto ma tanto di più di tutti quegli sfigati che imitano Borges, Burroughs o Bangs (perché tre B? Mah) e poi cagano fuori roba alla Scanzi (che è un giornalista, ma vabbè), mi è davvero dispiaciuto non leggere più niente di te.
Sullo spettacolo… mmm, dipende se hai visto quello di Roberto Landini o l’altro di Saverio Marconi. Aveva una scenografia minimal tutta bianca e c’entrava spesso Pinocchio?
Comunque una birra per insultarti me la farei di gusto.
(dato che siamo qua, che ne pensi dei Thee Oh Sees e del garage contemporaneo californiano? E della psichedelia occulta (La Piramide di Sangue, In Zaire, Squadra Omega)? Vorrei stuzzicarti anche calcisticamente, ma dato che il Palermo ristagna in B me ne starò zitto)
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Si si, sabato 2 sarò a Firenze, se dal tardo pomeriggio in poi ci sarai ci possiamo vedere.
Per il resto mi parli di robe che ignoro: ossia Garage contemporaneo e/o psichedelia occulta.
Ora come ora ho 1) Riscoperto i Sonic Youth. I primi due dischi FENOMENALI, Daydream Nation, beh, nulla da dire. Li ho amati, poi detestati ed ora apprezzo alcune cose del loro vastissimo (all’eccesso) repertorio. 2) Sto ascoltando i Flaming Lips: sempre scacati perché mi sembrava fossero plof-pop e invece fino al 1999 hanno fatto delle cose che mi fanno davvero impazzire. 3) Sto rimettendomi in pari con i Roxy Music, ignorati ai tempi ed ora mi rendo conto quanto anche gli Ubu gli debbano pagar dazio (il primo disco dei R.M. ha molto toccato melodicamente i P.U.) anche se i due gruppi CONCETTUALMENTE non hanno alcun nesso comune (lo scrivo grande perché qualcun altro che sta leggendo e non capisse potrebbe aver da ridire giacché – scusa se lo dico – ho letto dei commenti di certi utenti davvero abominevoli) 4) Sono tornato nuovamente a fissarmi con Nick Cave e I Birthday Party. Quell’uomo e John Cale sono i miei miti musicali ASSOLUTI. Quindi è inevitabile che ritorni sempre lì. Soprattutto quando ho ascoltato la colonna sonora di Lawless, il film del 2012 scritto da Cave stesso. E pure la colonna sonora è sua e di Warren Elliss, e ci sono due perle quali White Light White Heat e Sure ‘nuff & Yes I Do rifatte in stile Bluegrass e con MARK LANEGAN (tutto maiuscolo, ovviamente) alla voce. Stupendi.
Conosci gli Swell Maps? Prodotti da Mayo Thompson (Mister Red Crayola), sono inglesi, del 1979 e fanno punk inglese. Ma, prima di tutto non hanno INNI (cosa davvero originale per quei tempi) e la loro musica è sì punk ma ha delle sonorità e contaminazioni rumoristiche degne della psichedelia di Crayola. Davvero davvero notevoli. Una boccata d’aria fresca per chi apprezza il genere e trova i Crass troppo estremi (o poco punk, dipende).
E poi tanta robaccia underground tipo Urinals, Daniel Johnston, Railroad Jerk, Mule, 8-Eyed Spy, James Chance (genio!!)…
Cose così, insomma.
…mazza che pippone ti ho attaccato.
Vado a cena!
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Ma volevi dire sabato 25 (oggi) o sabato 1 (Febbraio)?
1) i Sonic Youth spaccano a dismisura, assieme ai My Bloody Valentine e The Jesus and Mary Chain sono le band che ho ascoltato con più interesse nell’anno appena passato. 2) I Flaming Lips prima di diventare un fenomeno da baraccone erano una band allucinante, per me la caduta totale è “At War with the Mystic” (2006) polpettone di banalità non dissimili da molti lavoretti di Beck. 3) Mio padre mi ha sempre fatto una testa così su Bryan Ferry e i Roxy Music, i primi due album con Eno li so a memoria (anche se ormai non capisco più se mi piacciono o no, tanto li ho dovuti ascoltare). 4) Nick Cave credo sia l’ultimo rocker degno di nota vivente, un gigante che schiaccia tutti gli altri, oltretutto i suoi ultimi album non fanno cagare (cosa che con l’avanzare dell’età non è per niente scontata).
Di tutti i tizi che mi hai citato conosco solamente i Mule (e li sto amando a dismisura, I’m Hell e gli altri pezzi del primo album sono da paura) quindi mi hai dato parecchia roba da recuperare!
Personalmente te li consiglio vivamente i Thee Oh Sees (“Carrion Crawler/The Dream” è un album che non mi dispiace affatto), magari un “Slaughterhouse” di Ty Segall (che è una ripresa contemporanea in salsa californiana di Stooges e MC5), anche se il miglior prospetto in assoluto per quanto mi riguarda sono i Zig Zags (sempre nell’ambito del garage-psichedelico che ti narravo).
Tranquillo, imparo molto di più dai tuoi pipponi che da due numeri di Blow Up.
P.S. li conosci questi qua?
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Vietato Cacare?!? Beh, ascolterò i tuoi consigli. Comunque, se sei in vena di noise ti sparo i Laughing Hyeans e i Feedtime. Musica degna degli incubi Crampsiani, ma con la furia dell’hard-core ed il rumore di Sonic Youth. E poi, un gruppo davvero GENIALE, almeno il primo disco, che penso sia una sorta di Foetus stuprato sessualmente in tenera età da una jazzmaster, ovvero i Lubricated Goat (il disco è Play Devil’s Music) : partono che sembrano punk-industrial, ma poi proseguono con degli scherzi strumentali davvero geniali e provocatori (suoni scureggiosi e titoli come Frotting With Ennio, che – a sonorità – immagino si riferiscano a Morricone).
Intendo il primo Marzo, checcazzo, mica ti piombo addosso con tre ore di anticipo, dear Beppe.
Per il resto: l’hai visto Breaking Bad??? CAPOLAVORO. E City of god? E’ una scoperta che ho fatto colpevolmente in ritardo, ma che gran cazzo di film!
Sto ascoltando sto EP dei Karashow…il primo brano mi sembra musicalmente troppo banale anche per un italiano, ma aspetto a dare un giudizio. Ehi, se ti interessa la robaccia made in italy ho conosciuto per vie traverse una grande Artista: Maria Antonietta. Ho sentito alcuni brani del suo (credo) primo disco ed è davvero davvero tosta e arrogante.
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Marzo il cazzo, intendevo Febbraio…il primo sabato di Febbraio, putain (come era solito imprecare Louis Deutsches)!
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(Ho controllato ora su wikipedia…in realtà si dice Destouches, merdra!
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Deeeh, ma i Karashow te li ho messi nel PS per farsi due risate, mica son roba seria (sono un po’ gli Skiantos del punk ma molto meno ispirati).
I Lubricated Goat li avevo sentiti nominare, ma la tua descrizione li ha fatti salire in prima posizione tra gli ascolti della prossima settimana. In generale qualunque band abbia anche solo vagamente dei contatti con Foetus va ascoltata.
Breaking Bad è LA serie televisiva, Cranston dal papà scemo di Malcom a questo Walter White era IMPENSABILE, un qualcosa di inarrivabile. Regia monumentale, attori azzeccati, e poi la sceneggiatura più delirante e verosimile della storia della TV. Ho rotto i coglioni per tre anni a tutti con questa serie, è il capolavoro più totale (per dirla alla Richard Benson). City of God è un gran film, anche se stranamente poco conosciuto.
Allora a Febbraio, comunque non ti scazzare, che poi mi sbagli pure Destouches!
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Che gran serie BrBa…la mia attuale ragazza, arrivata alla fine della terza serie (quando Walt fa fuori i due uomini di Gus) mi ha detto: “Da ora in poi ogni volta che guarderò Malcolm non riuscirò più a ridere.”
Che poi io erano anni che lo ripetevo: “Cazzo di buddha, possibile che nessuno si cachi un grandissimo attore quale Bryan Cranston? Lui è bravissimo, è così competente nel far ridere che se gli dessero un ruolo drammatico farebbe estasiare chiunque.” L’ho detto davvero, e a più persone, prima di scoprire BrBa (ed il mio problema è che l’ho scoperto con la seconda serie: sono stati anni durissimi da sopportare aspettando ogni volta la stagione seguente). E’ la miglior serie drammatica che abbia mai visto. Mi piace anche Game Of Thrones, che ha una fraccata di personaggi ben fatti, una trama adulta e tanta violenza e tante phyae. Anche se il fantasy non mi attira, comunque sono rimasto fortemente attratto da quella serie.
Te come hai superato la fine di Breaking Bad?
Io bene: era uscita a distanza di 8 anni la quarta stagione di Arrested Development (che qui in Italia, al 110% non vedremo mai doppiata), che è per me un culto vero e proprio (è la mia Comedy preferita in assoluto. E prima di BB era LA mia serie preferita…adesso, invece, ho scisso le categorie…tipo i Golden Globe).
Per ora mi fermo a darti dritte musicali, anche se mi sembra che tu ti sia tirato su un bel background dai tempi del mio Morte A Credito. A proposito di quel blog: sabato 1 Febbraio sarò a Firenze perché mi incontrerò con la più cara amica (Roberta) della mia ex romana (sì, la Eve Libertine del mio blog. Dai, quella con cui spesso flirtavi…marpione!) ed il suo fidanzato (che – ahimè – non è più il tenerissimo Zodiac… se ricordi il soggetto). E anche questa cara amica commentava sovente il mio blog. E poi la sera, se ci sarai, incontrerò anche te (sì, dai, il blogger Quesada, quello sempre buono e gentile che non se la prendeva mai e non rispondeva alle provocazioni. Dai, quello che sembrava la versione meno caricaturale di Ned Flanders, solo con l’accento fiorentino)…insomma, mi sento come una di quelle star che si mettono gli occhiali da sole anche quando si fanno la doccia (ovvero un coglione).
Ciao
Due baci sulle guance.
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Game of Thrones non mi ha mai catturato tanto, non per la qualità che è eccelsa (se confrontata alle serie a cui ci si poteva abituare cinque anni fa) ma proprio per il suo aspetto fantasy che te sei riuscito a superare, ma per me è un muro invalicabile.
La fine di Breaking Bad non l’ho affatto superata, sto morendo dentro ogni giorno di più, mi sono dato al cinema (mi spolvero la roba che ho perso di Carpenter e Rob Zombi, sì quello dei White Zombi – che è un regista della Madonna), poi sono incuriosito dall’ultimo Scorsese e questo cazzo di American Hustle che se non vado a vederlo tra poco mi inculano. La TV è in pausa di riflessione.
Il primo sarà la vera riunione infernale.
Allora ci ri-aggiorniamo,
W.W.
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Ho visto The Wolf Of Wall Street in lingua originale sottotitolato (in streaming……) perché ero stra-curioso di sto film giacché i trailer mi avevano procurato un’improvvisa erezione. Ti dirò: personalmente è la miglior interpretazione di Di Caprio fin qui. Se non vince l’oscar quest’anno non so davvero cosa dovrà inventarsi. La regia è ritmatissima, la sceneggiatura frenetica ma…è la copia senza morti ammazzati di Quei Bravi Ragazzi. Che c’entra, si guarda che è un piacere, fa ridere, fa capire molte cose dell’America odierna guardando i ruggenti anni ’80 & ’90, non c’è nessuna morale ma…non è niente di più di un esercizio di stile (di grande stile, eh).
American Hustle sono curioso anch’io ma sono così povero che se posso evito i cinema. Anche perché ci sono troppe persone…
P.s.: POLLOS
P.p.s: Ma non la fai una recensione sui Los Cuates de Sinaloa (per la cronaca: http://www.youtube.com/watch?v=R0HBd_fjfbY )?
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Ahah, recensione interessante, ci penserò!
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Sono tra quelli messi maluccio.
Ti segnalo pure qui “Safe & milk” da correggere (e anche nella lista dei tuoi album preferiti è scritto con “&” e non con “As”). A parte questo, è davvero un piacere leggerti.
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No, vabbè, qui c’è qualcosa sotto, ho bisogno di uno psicologo freudiano per venirne a capo! Però nella lista dei preferiti ho controllato ed è scritto bene, eh!
(fra l’altro l’unico titolo che mi è sovvenuto per il quale potrei confondermi è Milk & Honey di Beck, cioè, Beck, porcaputtana)
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Ops, devo aver avuto uno svarione sulla lista, ma ero andato a ricordo senza ricontrollare. Già che ci sono, vado un po’ off-topic e ti chiedo se puoi darmi un suggerimento su 3-4 titoli del Capitano post “Lick my….” che secondo te vale assolutamente la pena recuperare.
(I primi di Beck mi piacciono ma sì, comprendo bene il disagio)
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Purtroppo dopo il ’71 comincia il periodo commerciale del Capitano, un tentativo maldestro di accaparrarsi anche lui come l’amico Zappa un pubblico più ampio producendo musica più fruibile. Puoi trovare qualche perla di genialità in “The Spotlight Kid” del ’72 e due pezzi discreti in “Clear Spot”, ma evita accuratamente i due album successivi a questi.
Poi il miracolo nel 1978: “Shiny Beast (Bat Chain Puller)”, uno degli album più cazzuti del nostro Capitano, torna quell’esplosività strumentale tipica di TMR e Lick, giusto due o tre cadute di stile (Harry Irene, brrr) ma nel complesso spacca a destra e a manca. Buoni, anche se non al livello di Shiny Beast, “Doc At The Radar Station” e l’ultimo “Ice Crea For Crow” del ’82.
Se riesci anche a recuperarti le demo di Bat Chan Puller ti fai un grande favore, la versione strumentale di The Floppy Boot Stomp vale da sola l’acquisto.
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Grazie!
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Due parole su trout mask replica, un disco impegnativo e che richiede un approccio mentale diverso dal classico rock.
Somiglia vagamente ad una forma di free jazz alla Ornette Coleman, tuttavia privo di walking bass line swingante che rendono (paradossalmente) più accessibile proprio il disco “Free jazz” di Ornette.
Secondo me è più difficile ascoltare TMR che Free jazz di Coleman.
E lo sforzo è più che altro paragonabile ad album come Ascension o Meditations (non First meditations, più tradizionale) di John Coltrane.
Tuttavia c’è un paradosso, che è simile a quello che io noto con dischi come Tales from the topographic oceans degli Yes o anche the End of an ear (Wyatt). La difficoltà è paragonabile a quella della musica “alta”, ma i contenuti non sono all’altezza del linguaggio utilizzato.
John Coltrane usa un linguaggio difficile perché la densità dei sentimenti che vuole raccontare necessita di un vocabolario più vasto e addirittura inusitato.
In un contesto rock è sicuramente un album visionario, alle orecchie di chi ascolta il vero free, può apparire “simpatico”, ma non tutta sta fine del mondo.
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Ciao, scusate l’intromissione
Secondo me Trout Mask Replica possiede qualità concettuali e compositive che costituiscono una statura artistica, nel panorama rock, eguagliata solo da altri due dischi che sono “We’re Only in It for the Money” e “Uncle Meat”, negli anni ’60. Credo insomma sia davvero uno di quei dischi impossibili da sopravvalutare. Come è impossibile sopravvalutare la Nona di Beethoven nella classica, o Ascension di Trane nel jazz. Secondo me.
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