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I’ve Talked To The Wind

Un racconto di: Rosinski
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Jackson Pollock, “Number 1A”, 1948

Come nascono i dialoghi dei film “americani”? Me lo sono sempre chiesto fin da quanto avevo 7 anni, ovvero da quando ho visto Gli Aristogatti per la prima volta.
Ora che ho studiato greco al liceo, forte del mio 3 di media, so che Aristogatti means i migliori gatti, da arista, ovvero il miglior pezzo di carne. Dunque quelli che sono a tutti gli effetti i migliori tra i dialoghi, non possono che nascere dalla musica. Dal “rep”.
Questa arte è molto vicina alle opere omeriche ed epiche, come Troy, 2001 e Rome:Total War.
La musica insegna alle persone come ballare, come piangere. Nel nostro caso, come parlare.
Nella storia vera che segue, un esempio emblematico di ciò.
Immaginate due anziani, due persone attempate che stanno lì, sedute su una panchina a Central Park, a parlare del più e del meno, del per e del diviso. Cogliete la forte ed innovativa ironia? Non la potete non cogliere: sono due matematici di fama internazionale. Questo è quanto si sono realmente detti.

M1: La cosa più squallida del mondo, un pinguino che caga in testa a un drago.
M2: Perché?
M1: Perché il pinguino non ha il culo.
M2: Non è vero.
M1: Che ne sai, hai mai visto un pinguino? Io sì, in uno zoo qui a New York. Non cagavano mai.
M2: Non vuol dire che non avessero il culo.
M1: Che c’entra, i pesci allora hanno il culo ma non cagano.
M2: No i pesci cagano invece. Solo che è troppo piccola per vederla, la loro merda.
M1: Tu sei troppo piccolo, sei un metro e un cazzo eppure ti vedo. 
M2: Mi vedi? Ma se hai i coglioni al posto degli occhi!
M1: Caron dimonio occhi di bragia, sempre allegro e in gran bambagia. 
M2: Che cazzo dici?
M1: È una mia poesia, si chiama “Cook river”. 
M2: Bella.
M1: Grazie.

“Da allora in poi e anche da prima i due sono e saranno grandi amici per sempre fino alla morte, sopraggiunta l’indomani”

Epitaffio sulle lapidi di John S. Nash e Albert M. Einstein.
Questo ha ispirato la parte prettamente strumentale del brano “Epitaph” dei King Crimson, noto complesso di musica folk balcanica, esplicitamente dedicato ai due geni incompresi.
A seguire un pezzo dello stesso album ma diverso, I’ve Talked To The Wind.

Big Black Baby Shoes

Un racconto di: Rosinski
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Last Of A Dying Breed

Due ragazzi alti, neri, i tendini in rilievo, sul marciapiede avanzavano a lunghe falcate. In verità era il mondo a muoverglisi sotto i piedi, era l’allegro tapis roulant del pianeta sballo; il loro, l’incedere degli dei della burla.
Stavano andando a rapinare un negozio di aragoste, com’è dolce la vita.
D’un tratto una bionda figura femminile sbucò da un angolo, il volto di un angelo. Fece cenno con l’indice di avvicinarsi, ma poi scomparve dietro il muro del palazzo. I due si guardarono un momento, giusto per sincerarsi di non star sognando. E il mondo si mise a ruotare verso il nuovo obiettivo, un caldo corpo d’estate.
Seguendo la scia purpurea che si lasciava dietro, i gemelli braccarono la preda fin dentro ad un condominio diroccato. Fa freddo nel deserto, di notte.
Dopo una rampa di scale, una porta si spalancò. 
Ecco la ragazza, li invitava ad entrare: short corti e una maglietta che evidenziava i suoi seni turgidi. Non ci sono case di riposo per cavi dell’alta tensione scoperti, se capite cosa intendo.
I vincenti varcarono la soglia ed erano lieti, cortesi quanto eccitati, ma…
”Ehi ma questa è casa nostra!” esclamarono i due.
“Non ci fare caso, te lo spiego dopo. Bel tipo, perché usi il plurale maiestatis?” chiese lei.
“Eh? Siamo io e mio fratello. Spero che siate almeno in due…” La ragazza lo guardò strano.
“Sei solo tu, qui. È il tuo ego che ti gioca brutti scherzi, per questo vedi te stesso ovunque”
“Ok come vuoi. Ora mi spieghi perché siamo in casa mia?” chiese il ragazzo spazientito.
“Perché sono tua madre”
“Impossibile. Io sono nero”
“Preferisci credere che il tuo ego sia così grande da proiettare un tuo gemello nella realtà, o che il nostro legame di parentela renda ignominiosamente edipico l’accoppiamento?”
“Devo per forza scegliere? E poi che c’entra, non sussiste correlazione fra questi due fatti!”
Il ragazzo era confuso, la ragazza no.
“Andiamo a letto”
“Ok”
E fu così che il negozio di aragoste non fu rapinato.
Il ragazzo si chiamava Steve.