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La Musica e il Diavolo

Articolo di: bfmealli

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La musica, da sempre, è stata una questione religiosa. Per la sua impalpabile presenza e per la capacità di riuscire a toccare le nostre emozioni spesso viene accostata al divino, all’ultraterreno. La si attribuisce, infatti, a Dio o al Demonio a seconda degli intervalli usati, dall’umore ed infine anche dalle parole (ho il buon gusto di tralasciare il patetico scandalo dei dischi suonati al contrario e dei suoi relativi messaggi). Durante il medioevo, pare, che un compositore rischiasse il rogo se avesse avuto l’ardire di usare il tritono altresì chiamato diabolus in musica. Anche il primo Blues del Delta, quello degli hobos, che da Charley Patton fino a Robert Johnson ha portato alla nascita del Rock, anche quello, ai tempi, era considerato musica del diavolo.

Sono note le leggende dei due bluesmen sopracitati riguardo la vendita della propria anima in cambio di straordinarie capacità chitarristiche. “E’ facile”, raccontava Patton, “ti metti seduto al lato di uno dei molti incroci stradali del Mississippi, verso mezzanotte, e suoni la tua chitarra… improvvisamente comparirà innanzi a te il Diavolo, prenderà il tuo strumento ed inizierà a suonarlo in un modo mai sentito prima. Dopodiché te lo renderà e da adesso in poi suonerai proprio come ha suonato lui… sapendo, però, che la tua anima l’hai barattata per qualcosa di egualmente immortale.”

Sia Patton che Johnson morirono prematuramente ed entrambi hanno dato vita ad una spina dorsale musicale che tutt’ora viene suonata ed ascoltata. Anche per Robert Johnson fu più o meno simile il suo patto malefico solo che prima di questo evento, il giovanissimo musicista, era solito seguire i migliori bluesmen dell’epoca: Patton stesso, Son House e Willie Brown, i quali lo sbeffeggiavano e scacciarono per la sua palese incapacità con lo strumento. Poco tempo dopo, però, Robert si ripresentò dai suoi maestri, fresco di svendita dell’anima, e tirò fuori dalla sua sei corde un suono e dei brani che lasciarono di stucco quelli che prima lo deridevano. Nasceva con lui quel genere che, se elettrificato e retto da una sezione ritmica, sarebbe in seguito chiamato Blues Moderno.

Quello che mi ha sempre incuriosito del primo blues sono sostanzialmente due cose: la prima è che ogni chitarrista aveva sempre un suo stile personale, tanto da essere riconosciuto benissimo senza neanche sentirlo cantare; la seconda, più spirituale, sono i testi spesso sacri, vecchi gospel riadattati o brani originali che lodano, invocano e pregano Dio e Gesù mentre, al contempo, il Diavolo non è visto come il male assoluto quanto quasi come un vecchio amico un po’ balordo ma carismatico. Per certi versi era uno di loro, il Diavolo, che tra donne promiscue, sbronze colossali, pestaggi furiosi, furti, omicidi ed una forte passione per la musica, anche lui, come loro, non lo si poteva emarginare.

La storia di Blind Willie Johnson mi incuriosì: lui, cieco sin da bambino, quando la matrigna gli verso negli occhi dell’acido solforico, lei, fervente religiosa, durante un litigio con il padre del bambino. Nel resto della sua vita, Blind Willie Johnson, girovagava per il sud degli Stati Uniti con sua moglie ed insieme cantavano per le strade la grandezza, la magnificenza e la potenza del Signore Iddio. Un Signore forse un po’ crudele che se lo portò via di malaria a 48 anni.

Anche Skip James, donnaiolo impenitente, alcolista e rissaiolo, cantava di un dolore acuto e penoso come la sua voce, flebile ma profonda nello stesso modo. Poi un giorno sparì, lasciò tutto e tutti e si dedicò alla fede in modo attivo diventando un predicatore.

Più che il timore di Dio o del Diavolo questi vagabondi erano spaventati da un’altra divinità: la Morte. La Morte è sempre presente nelle canzoni di questi musicisti, come un’ombra silenziosa li seguiva e li terrorizzava tanto che cantarla, forse, avranno pensato, l’avrebbe tenuta lontana ancora per un po’.

Il Rock’n’Roll, qualche decennio dopo, esacerbò in modo massiccio l’idea della musica diabolica che il Blues, quasi, a confronto, era ben visto; il nuovo nemico era un ritmo a dodici battute accelerate e ritmato col salto di quarta. Se il Blues ti faceva riflettere il Rock’n’Roll ti faceva muovere, quindi avvicinare, toccare… non a caso la parola rock and roll ha un’implicita connotazione sessuale. Non solo la musica, non solo i balli osceni, ma anche i capelli lunghi, l’elettricità e la distorsione, i vestiti, i gesti, tutto si stava votando alla promiscuità.

I Rolling Stones empatizzarono con il diavolo in una loro famosissima canzone e, come leggenda vuole, fintanto che resteranno uniti saranno immortali. I Beatles furono involontari fautori del satanismo Mansoniano, i Led Zeppelin frequentarono l’esoterista Aleister Crowley e le varie simbologie sataniche. Dall’altra parte, intanto, Leonard Cohen scriveva una delle canzoni più famose al mondo, Hallelujah, ode al Signore ed all’amore; i Velvet Underground abbandonavano il sound dronico per una dolce ballata intima e toccante come Jesus, preghiera laica di rara dolcezza; i Byrds con Jesus Is Just Alright riproponevano un vecchio e religioso gospel. Il tempo e l’abitudine hanno banalizzato tutto questo, da una parte abbiamo smesso di stupirci delle rivoluzioni culturali che un genere musicale può generare, dall’altra siamo ormai pieni di “musiche del diavolo” che da anni, giocoforza, non ci facciamo più caso.

Alla fine di questa scheda, dopo la mia disamina, mi viene da pensare che il Diavolo, tutto sommato, non è poi così cattivo: chiunque riesca a dare, patti diabolici o meno, una musica così complessa, toccante, eterea ma viva, sincera e mai banale non può essere, ai miei occhi, un essere del tutto malvagio. Dio, invece, lo vedo più come un critico musicale onnipotente che, invece di farlo con una recensione, stronca precocemente la vita di colui che musicalmente non riesce ad apprezzare.

Se vuoi leggere altri deliri del buon vecchio bfmealli non hai che da cliccare qui: L’algebra del bisogno.