Etichetta: Tough Love
Paese: UK
Anno: 2023
Archivi tag: froth
Corners – Maxed out on Distractions
Ve li ricordate i Corners vero?
No?
E la mia recensione di inizio ottobre? Niente?
Certo che siete proprio una soddisfazione.
I Corners sono assieme ai The Monsieurs il miglior prospetto garage rock californiano, lo sono sopratutto alla luce delle recenti avventure glam di Ty Segall e la svolta tagliamaroni dei Thee Oh Sees. Dopo il selvaggio ma ponderato esordio targato Lolipop Records, il bellissimo “Beyond Way”, dove i Corners si scontravano col post punk dei Gun Club, ecco che i quattro californiani decidono di cambiare decisamente tono. E genere.
Sì è vero, questo “Maxed out on Distractions” te lo descrivono nelle note come un garage surf rock da spiaggia, da gustare con un mojito leggendo Hemingway, ed invece appena lo piazzi sul piatto e la puntina sfiora i primi istanti di We’re Changing capisci che qualcosa non quadra. Sintetizzatori? E ‘sto ritmo alla Devo? Ma che cazzo s’è fumato stavolta Tracy Bryant? Però… però funziona!
E sì, son proprio cambiati i Corners, quel sound ovattato quasi shoegaze del primo album è scomparso, questa volta i suoni sono caldi e i ritmi delle volte ballabili, questa ondata di anni ottanta è sì del tutto imprevista, ma questi quattro ingegneri del suono la cavalcano con una cura maniacale. Riot sembra un pezzo dei vecchi Thee Oh Sees ma senza la batteria raddoppiata e con Dick Dale alla chitarra, Caught In Frustration sono dei Talking Heads più pragmatici, Buoy con il suo ritmo da marcia punk è una specie di anti-canzone dell’estate, questi ragazzini che compaiono in tutti i festival assieme a garagisti comprovati come Mr. Elevator & The Brain Hotel e Froth sono praticamente l’unica band in controtendenza di tutta la West Coast!
Appena sono arrivato a Love Letters mi sono dovuto fermare per riascoltarla. E ancora. E ancora. I don’t wanna hear the cries/ I don’t care about times/ I don’t wanna know about the love letters/ I don’t believe in no ever after. Con la voce che imita un Ian Curtis stralunato, questo singolo che mi ha conquistato, mi piace l’idea che a qualcuno non abbia voglia di fare qualcosa, è così anni ’80!
La confusione interiore di Maxed out of Distractions con quell’assolo minimale sul finale mi lascia sempre in estasi, un pizzico di Spacemen 3 con The Spaceship a chiudere un album quasi perfetto.
I Corners vanno sostenuti, anzi: vanno incoraggiati! Ty Segall che decide di sposare il glam di Marc Bolan, John Dwyer che dà una svolta beatlesiana ai Thee Oh Sees, quest’anno ce l’hanno fatto a torroncino ‘sti gran bastardi, ma ecco che band come The Monsieurs, Froth, Dreamsalon, Mr. Elevator & The Brain Hotel e Corners non solo hanno ancora le palle e le idee (una accoppiata vincente sotto molti punti di vista) ma hanno anche il coraggio di reinventarsi senza scadere nella banalità!
Con questo “Maxed out on Distractions” la band di Tracy Bryant si avvicina al synth-punk dei Nun, restando comunque ancorata alla scena garage, e riuscendo a sfornare vere e proprie perle come Caught In Frustration, Love Letters e Maxed out on Distractions.
Uno dei miei album preferiti di quest’anno.
- Link utili alla popolazione: volete ascoltarvi ‘sti Corners dato che vi ci ho rotto abbondantemente i cojoni? Bene, basta che voi clicchiate vigorosamente QUI, se volete dirgli che sono proprio dei fighi o sarebbe meglio che zappassero su Minecraft cliccate QUI per la pagina Facebook.
Ci spariamo qualche video? Ma sì, dai:
Eccovi il video (meh) di Love Letters.
Una live di We’re Changing.
Doppia razione live con Sometimes che apriva “Beyond Way” e Buoy da Maxed.
NOVITÀ ALLUCINANTE: dato che voglio ampliare le possibilità di discussione sul blog (la gestione dei commenti di wordpress.com fa cagare) ho aperto una PAGINA FACEBOOK che vi link comodamente QUI. È stata una scelta ponderata, ma che credo potrebbe giovare a chi legge e sopratutto a me. Da quando ho aperto il blog, oltre ai classici insulti intrinsechi nel web, ho conosciuto parecchie persone interessanti che di musica ne sapevano molto più di me (non che ci voglia molto, eh) ed ho imparato tante cose. Adesso vorrei impararne delle altre, vorrei scoprire più opinioni e nuovi album, per cui “amplio” il raggio d’azione del blog anche a Facebook. Insomma, se volte seguirlo pure là per commentare più agevolmente fate pure, sennò chissenefrega. Stronzi.
Corners – Beyond Way
Compagni di merenda di Mr. Elevator & The Brain Hotel, Froth, Wyatt Blair e Adult Books i Corners sono una realtà molto interessante, figli anch’essi della Lolipop Records, piccolissima etichetta con grandissime idee.
Tre quarti della band sono ingeneri del suono (Billy Changer addirittura della stessa Lollipop), e la cosa potrebbe stupirvi non poco ascoltando “Beyond Way” il loro esordio del 2012, registrato così male da sembrare un’offesa al buon gusto, ma questi quattro ragazzi invece la sanno proprio lunga.
Più che garage il loro è un post punk che strizza l’occhio ai Gun Club (anche se il loro punto di riferimento sono i Velvet Underground), che si esprime in vibrazioni, echi di suoni, rimandi appena sfiorati e melodie drammatiche (il peso di J.T. IV sulla scena californiana è davvero pazzesco, finora del tutto ignorato dalla critica).
Infatti l’album in questione non vive di pezzi singoli che risaltano, o di hit da classifica, è piuttosto un viaggio nella Los Angeles dei Corners. Bad Habits esprime bene questo concetto, con quelle voci in sottofondo del tutto ignare della musica sempre più rumorosa e rabbiosa.
Chiazze di rockabilly e surf rock si scorgono in quello che verso The Greatest ormai ci sembra un sogno. Ma sono tutte impressioni, idee buttate qua e là modellate con una saggezza e una precisione micidiale, che nell’impatto generale sfugge.
Certe volte sembra quasi di sentire dello shoegaze come in Give me a Reason, ma la faccia tosta da punkers casinisti non scompare dietro ad un wall of sound, potete scommetterci.
La relazione tra liriche e musica è assolutamente notevole, considerando che in questi tempi si scarseggia un po’ di qualità nei testi (Ty Segall, Jeffrey Novak, Cronin, siete tutti colpevoli) a metà tra Brian Jonestown Massacre e Nun. Questi Corners sono favolosi, pezzi come Beyond Way sono talmente perfetti da fare male. È come ascoltare la voce dannatamente inadeguata eppure espressiva di J.T. IV in Out of the Can.
Fidatevi, i Corners sono molto più di quello che sembrano.
Non ho citato i Nun a caso, data la deriva elettronica del nuovo album uscito a Giugno di quest’anno (e qui si sente prepotentemente l’influenza di Billy Changer sulla band, se vi va ascoltatevi se ci riuscite “2 in 1” firmato Tracy Bryant/Billy Changer) , un capolavoro new wave con i contro cazzi di cui avremo modo di parlare un’altra volta.
- Link utili: se morite dalla voglia di ascoltarvi questo strano e curioso album cliccate con veemenza QUI per la pagina Bandcamp, se volete mandargli tanti poke (ma si usa ancora?) cliccate dolcemente QUI per la pagina Facebook della band.
Froth – Patterns
Froth? Ma che roba è?
Intanto una breve premessa sulla Burger Records.
Nel caso non la conosceste la Burger Records insieme a Drag City e Castle Face Records fa parte delle etichette californiane protagoniste del revival garage di questi anni. La Burger in particolare è la classica etichetta rock indipendente, una quantità inimmaginabile di band esordiscono con quel marchio a forma di cheesburger ogni anno, delle quali se ne salvano sette o otto all’anno.
La tattica di saturare il mercato solo di garage rock in tinta psichedelica ha un che di eroico, ma alla lunga sfrangia i coglioni.
Mentre la roba del loro catalogo intasa ogni angolo di camera mia ogni tanto spunta fuori una band veramente degna di nota. Ecco, i Froth sono tra questi.
Giovanissima band californiana piena di energia e acidi devastanti, con del talento che potrebbe in prospettiva portarci degli album notevoli, anche se questo album d’esordio, “Patterns” (2013), non è ancora un capolavoro.
Chitarra, voce e di un carismatico JooJoo Ashworth, al basso Jeremy Katz, Cameron Allen alla batteria e Jeff Fribourg… beh, lui suona l’omnichord.
Il loro garage non è rabbioso né acido, è trasognato, basta ascoltarsi la dolce nenia psichedelica di Oaxaca per apprezzare a pieno il loro sound così leggero da librarsi in aria. Una via di mezzo tra Mr. Elevator & The Brain Hotel e i primi indimenticabili Brian Jonestown Massacre, la chitarra e la voce di JooJoo sono il collante della band ed è l’elemento che viene subito colto quando “Patterns” scorre veloce sul piatto, la puntina non deve nemmeno abbassarsi troppo nei passaggi “eterei” che JooJoo strimpella in Not Myself.
I pezzi forti comunque sono quelli più psych garage, quanto sarà dannatamente accattivante Lost My Mind? Quante altre band avrebbero voluto scriverla? Dreamsalon, Thee Oh Sees (ai tempi di “Castlemania”), gli stessi Mr. Elevator & The Brain Hotel, magari pure i Quilt. I giri sixties dell’omnichord, le accelerazioni proto punk che fanno tanto Nuggets, sono elementi propri anche di General Education, altra perla di questo album.
Date un’occasione ai Froth, potreste non pentirvene.
- Link Utili: per ascoltare l’intero album su Bandcamp clicca QUI, per dirgli quanto vi attizzano su Facebook cliccate QUI, se volete consultare il catalogo della Burger Records cliccate vigorosamente QUI.