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Black Country, New Road – For the First Time

Etichetta: Ninja Tune
Paese: UK
Pubblicazione: 2021

Se è vero che gli Idles devono parecchio ai Fall, allora i Black Country, New Road sono rimasti una cover band degli Slint, e se non c’è niente di male nel cominciare su quel solco non è che in seguito abbiano aggiunto poi molto. Non voglio certamente affermare di fronte al plauso universale che critica e pubblico gli stanno tributando che “For the First Time” sia soltanto un copia-incolla ben riuscito, però credo di poter aggiungere una prospettiva quantomeno critica, sopratutto quando in UK si ignora chi ha davvero rielaborato forme e grammatiche, mentre si è sempre pronti ad esaltare la moda del momento.

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In cucina con i Moon Hooch: ep. 3 (Butternut Squash Curry)

Eccoci ad un nuovo appuntamento con la nostra rubrica culinaria preferita in compagnia di James Muschler, virtuoso batterista dei Moon Hooch, trio jazz di indubbie qualità (culinarie). Questo è l’episodio meno disturbante della serie; da dietro le quinte di un loro concerto godiamoci Muschler districarsi in un piatto indiano

GNAM!

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In cucina con i Moon Hooch: ep. 2 (pollo ai funghi)

Eccoci dunque al secondo episodio di Cooking In The Cave, la raccapricciante rubrica culinaria curata dal trio jazz newyorkese Moon Hooch. Dopo una gustosa e selvaggia zuppa spagnola di lenticchie il virtuoso della batteria James Muschler ci presenta il suo ammaliante pollo ai funghi.

Slurp!

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In cucina con i Moon Hooch: ep. 1 (zuppa spagnola di lenticchie)

Ho deciso di rendere un po’ più “frizzante” il blog riempiendolo di rubriche inutili legate alle band/musicisti che seguo. ‘Ndo sta la fregatura? Semplicemente prendo i loro video su YouTube e ve li schiaffo qui, con una breve introduzione che mi prenderà, diciamo, cinque minuti del mio prezioso tempo, invece delle ORE che di solito mi servono per le recensioni (per non parlare dei GIORNI di ricerca per assicurarmi di non sparare cazzate).

Sono fiero di presentare in Italia il primo episodio di Cooking In The Cave, inquietante e malata rubrica di cucina curata da James Muschler il talentuoso batterista dei Moon Hooch.

Fuoco alle griglie.

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Moon Hooch – Moon Hooch

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Questa è la volta buona che mi incazzo sul serio.

Sapete chi sono i Moon Hooch? Beh, un giorno tre studenti della prestigiosa New School for Jazz and Contemporary Music di New York scoprirono di avere un alchimia speciale, due sassofoni e un batterista che non ci sta di testa decisero di fare dubstep senza un cazzo di dj tra le palle. Praticamente la band che dal vivo sta bruciando tutti i palchi di New York da almeno tre anni.

Dinamici, virtuosi, incazzati e schifosamente snob, più suonano e più si spogliano, persi totalmente nella loro musica viscerale e incessante. Bene, a questo punto vi chiederete che ci incastra una mia incazzatura con tutto questo. Facile: l’ultimo album dei Moon Hooch fa cagare.

Oggi recensisco il meraviglioso s/t dell’anno scorso, ma quest’anno è uscito “This Is Cave Music” e dunque parleremo anche di questo obbrobrio (o lo insulteremo e basta).

Questo incontro alchemico tra dub, jazz e house loro la chiamano cave music, grazie al leggendario Mike Doughty (già, quello dei Soul Coughing) diverranno ben presto delle leggende non più dell’underground ma una band capace di infuocare rocker come appassionati di house music.

Secondo una filosofia banale ma geniale al tempo stesso i Moon Hooch si concentrano nel riprodurre la musica normalmente legata a synth e all’elettronica (o ai dj) con una strumentazione più materiale che mai.

Un bel pensiero, abbandonato decisamente in “This Is Cave Music”, dove la band vuole (e lo dice esplicitamente) “sfondare”, tentando di accalappiarsi un pubblico più vasto con della musica proporzionalmente sempre più di merda.

Ma questo non è un ragionamento di pancia, sia chiaro, perché la questione del pubblico vasto e menate varie le ho scoperte dopo aver ascoltato l’album. Ribaltando il concetto con cui i Moon Hooch avevano creato un sound unico ed esplosivo sono diventati banali e ripetitivi, la loro carica live si è persa quasi del tutto e la sperimentazione musicale è diventata sempre più masturbatoria e meno stimolante.

Ma parliamo di “Moon Hooch” e del suo immane casino.

Se le virate del sax in Tubes spaziano dall’anarchia ad un dub veloce e pulitissimo (sostenuto dalla tecnica perfetta di Mike Wilbur e Wenzl McGowen) il drumming nevrotico di James Muschler è un perfetto colante, quando non si scompine del tutto in un dinamismo febbrile come in Number 10. Il suo lavoro di piatti in Number 2 è delizioso, mentre Wilbur si lascia andare ad improvvisazioni al limite e McGowen mantiene la sezione ritmica solida, roba che dal vivo ossigena il cervello, credetemi.

Number 9 è il pezzo d’apertura e anche un po’ la marketta dell’album, energico ma appetibile, un manifesto di un modo di intendere la musica che, quantomeno, cerca di essere originale.

I virtuosismi non mancano mai, come pure le influenze (in Number 1 c’è un che di Raphael Ravenscroft) i momenti dub sono stupefacenti, in particolare quanto si mescolando ad un jazz quasi accademico come in Low 3.

Inutile ma esplicativo della rivoluzione concettuale nell’album successivo la ammaliante Mega Tubes con una tale Alena Spanger alla voce.

I Moon Hooch sono stati una ventata d’aria fresca a New York, del tutto avulsi da una scena in particolare ma con la voglia di crearla con loro e la loro cave music al centro. Peccato che al primo appuntamento per la riconferma abbiano perso il treno, e questo mi fa davvero incazzare. 

  • Link utili: se vuoi goderti gratuitamente questo album spettacolare clicca QUI per la pagina bandcamp della band, se sei comunque curioso di ascoltarti quello nuovo perché magari rientra nelle tue corde clicca QUI, se vuoi mandare messaggini d’amore o d’odio alla band clicca QUI per la pagina Facebook.

E ora, come di consueto, qualche video!

Spizzichi del talentuoso Muschler da solo con la sua batteria:

Godetevi la nuova “estensione sperimentale” portata in tour l’anno scorso: