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Generazione Retromaniaca: è vero che oggi siamo buoni solo a copiare il passato?

In questo video provo a mettere in crisi i pregiudizi verso la retromania contemporanea, che non è un limite o la mancanza di un limite, ma una forma di grammatica del nostro presente. Oggi viviamo in una sorta di stagnazione, nel web convivono presente, passato e futuro, nello stesso momento possiamo ascoltarci Muddy Waters e Arca, mentre la musica che pervade i video su YouTube, Twitch e TikTok ci racconta qualcosa dell’oggi in un modo che forse non capiamo perfettamente.

Sul perché i Queen fanno cagare. Un’indagine su ciò che ai critici non piace

Had to make do with a worn out rock and roll scene
The old bop is gettin’ tired need a rest
Well you know what I mean
Fifty eight that was great
But it’s over now and That’s all
Somethin’ harder’s coming up
Gonna really knock a hole in the wall
Gonna hit ya grab you hard
Make you feel ten feet tall
Queen, Modern Times Rock ’n’ Roll, 1973

L’approdo dei Queen sulla scena rock britannica non fu dei di più dirompenti. Persino Brian May, chitarrista e principale compositore della band, era un po’ amareggiato dal risultato, considerando le promesse che veleggiavano intorno alla band. L’album d’esordio contiene giusto un paio di hit (Keep Yourself Alive e Seven Seas of Rhye) ma alla critica suona come decisamente troppo derivativo, crasi confusa dei maggiori successi di classifica tra il 1971 e il 1973. Certo, oggi ci ricordiamo esclusivamente delle belle recensioni che li proiettavano come i “nuovi Led Zeppelin”, ma nell’ambiente non erano proprio tutti d’accordo sulla faccenda. Messo sul piatto sembrava che Steely Dan e Mott the Hoople si fossero messi d’accordo per una jam session dove a discapito degli elementi che li caratterizzano, restava solo il testosterone in primissimo piano. Questo si declinava attraverso un patinato glitter-rock alla Slade, disciolto nel pop smielato e stratificato di band come Raspberries e 10cc, senza rinnegare del tutto la lunga gavetta prog sulla scia degli Yes, un bel miscuglio di cose che sicuramente esprimevano una certa ambizione, ma dal quale non si riusciva a comprendere in cosa consistesse la supposta originalità della band. Nel pieno dell’estate del 1973, mentre a Belfast la tensione era alle stelle e alla TV si seguiva la cronaca del rapimento del nipote di Paul Getty, nessuno sano di mente avrebbe scommesso che quell’accozzaglia di generi stereotipati dal buffo nome di “Regina” in pochi anni avrebbe raggiunto un successo planetario, raccogliendo centinaia di milioni di fan ai loro concerti, conquistando una popolarità inaudita e che infine sarebbe stata assunta a divinità pop leggendaria. Ma se la critica rock ha spesso rivalutato artisti che aveva inizialmente giudicato negativamente (come nel celebre caso Rolling Stone-Led Zeppelin o quello Lester Bangs-Stooges) con i Queen non è proprio andata così, all’inizio infatti c’era sincera curiosità quando non proprio dell’entusiasmo, calato all’improvviso con l’affacciarsi dei primi successi planetari. 

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Black Country, New Road – For the First Time

Etichetta: Ninja Tune
Paese: UK
Pubblicazione: 2021

Se è vero che gli Idles devono parecchio ai Fall, allora i Black Country, New Road sono rimasti una cover band degli Slint, e se non c’è niente di male nel cominciare su quel solco non è che in seguito abbiano aggiunto poi molto. Non voglio certamente affermare di fronte al plauso universale che critica e pubblico gli stanno tributando che “For the First Time” sia soltanto un copia-incolla ben riuscito, però credo di poter aggiungere una prospettiva quantomeno critica, sopratutto quando in UK si ignora chi ha davvero rielaborato forme e grammatiche, mentre si è sempre pronti ad esaltare la moda del momento.

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Epépé – Epépé

Etichetta: uscito via Bandcamp
Paese: Francia
Pubblicazione: 2019

“Epépé” è tutto quello che “More” e “Obscured by Clouds” volevano essere ma non sono stati. No, non è una colonna sonora, ma riesce perfettamente nell’evocare scorci e vicoli di un magico paesino di provincia, e come se fossimo dei novelli Lancelot Edward Forster ci perdiamo in notti eterne dentro locali immaginari.

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Free Weed – Tumbleweeds

Etichetta: Gnar Tapes
Paese: USA
Pubblicazione: 2019

Che il buon vecchio Erik Gage potesse sfornare un gioiello del genere non m’era mai passato per l’anticamera del cranio. Conosciuto anche come Rikky Gage, il nostro è membro fondatore di White Fang e dei The Memories, e nel tempo libero è anche uno dei volti più riconoscibili della Gnar Tapes, piccola etichetta affiliata alla fu Burger Records, un covo di scappati di casa senza arte né parte, capaci di far uscire alcuni degli album più demenziali di tutta la scena garage surf americana, gran parte dei quali firmati da Unkle Funkle e Free Weed, ovvero Eric Gage. Free Weed è un fanatico della marijuana, la quasi totalità delle sue comparse alla mitica Gnar TV così come negli album e nelle collaborazioni con altri musicisti, sono tutte all’insegna di questa sua passione insaziabile. 

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