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The Blind Shake, il nuovo 7” made in Italy

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Vi avevo già segnalato i The Blind Shake, figli illegittimi dei Rocket From The Crypt ma per niente nostalgici.

I micidiali riff di “Key to a False Door” (2013) fanno parte del miglior garage psych da festival estivo, con quei pezzi che delle volte si ingarbugliano in un lancinante feedback per poi riprendersi dietro il ritmo forsennato della batteria. Roba seria insomma.

Proprio ieri sono stato contattato dalla Depression House Records, etichetta italiana che ha curato l’uscita il 20 maggio del nuovo 7’’ dei Blind Shake, mi sono ritrovato così ad accendere lo stereo a tutto volume in piena notte nella speranza di sconvolgere il mio apparato uditivo.

Va detto che “Key to a False Door” aveva i riff giusti ma mancava ancora un sound più curato e qualche pezzo davvero memorabile (anche se vi invito a riascoltare Le Pasion e Crawl Out). Con questo nuovo 7’’ credo proprio che le cose si facciano decisamente più interessanti.

Get Youth (lato A) ha semplicemente tutto, un bel riff sconquassabudella, un sound al limite della schizofrenia, feedback che spuntano dalle fottute pareti, è un garage psych che merita una certa attenzione oltre che uno stereo con un impianto audio della Madonna.

Deve molto a John Reis l’attacco al fulmicotone di Brickhouse Burro (lato B), ma questa band ha comunque una spinta in più degli ultimi The Night Marchers, il trio da Minneapolis ha un’energia che dal vivo dev’essere a dir poco devastante, e dalla foga di Brickhouse si può facilmente intuire.

Mike e Jim Baha creano l’ambiente sonoro e i riff, Dave Roper alla batteria è sempre pronto a scatenare l’inferno a richiesta.

Per quanto ottimi pezzi come Calligraphy del precedente album siano già di per sé un’ottima prova delle qualità della band, per me con questo suono più rumoroso, più distorto e arrabbiato hanno fatto quel passo avanti decisivo. E poi hanno sempre quel pizzico del sound tipico della Castle Face Records che impreziosisce tutto.

Adesso attendo con ansia di ascoltare un nuovo LP!

  • Link Utili: clicca QUI per il blog della Depression House Records, invece se vuoi ascoltarti gli album su bandcamp della band clicca QUI. Se proprio non puoi fare a meno di far sapere al mondo che i The Blind Shake ti eccitano come un tredicenne col suo primo porno clicca QUI per mettere “mi piace” alla loro pagina Facebook. Feticista.

Audacity, The Blind Shake, White Night, Electric Citizen

Quattro succose recensioni in un solo post! Ma è così palese la mia pigrizia? Sigh…

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I californiani Audacity sono un nome che forse avrete già sentito, infaticabile band presente in più o meno tutti i festival punk-garage e giù di lì, nel 2012 pubblicano il loro primo album dopo due EP mediocri: “Mellow Cruisers”. Tutta energia punk rock, niente sostanza, un album adatto ai lunghi tragitti in auto (anche se con la sua mezz’ora scarsa di durata ci fate al massimo Pontassieve-Firenze), chiaramente siamo di fronte ad un prodotto che è sfizioso finché rimane a 5$, e con la premessa necessaria di una buona dose di euforia in corpo, perché gli Audacity non hanno molto da dare a parte il sudore.

  • prima impressione: 4/10
  • link a bandcamp: http://audacityca.bandcamp.com/

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Direttamente da Minneapolis nel ridente stato del Minnesota arrivano i The Blind Shake, e qui alziamo un po’ il tiro. Cattivi, garage, incazzati il giusto, magari senza le melodie più orecchiabili degli Audacity ma con qualcosa in più nella sostanza. Figli spirituali dei Rocket From The Crypt di John Reis (con cui hanno anche collaborato) nel loro secondo album, “Key to a False Door”, puntano su un mix bello deciso di garage e sudore, con quelle classiche cavalcate punk alla John Reis per l’appunto, qua e là troverete anche qualche riff memorabile (Le Pasion, Calligraphy, la surf-punk Crawl Out, Garbage on Glue e 555 Fade).

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Uscito nel maggio scorso “Prophets ov Templum CDXX” dei californiani White Night fa un casino della madonna, non inteso sempre come un aspetto positivo. Fughe pop come Alone sarebbero molto apprezzabili se accompagnate dall’eleganza melodica di un Jeffrey Novak o dalla vena psych dei White Fence, ed invece la caratteristica principale dei White Night è quella di non essere né carne né pesce. Non emozionano, non sperimentano, non fanno sufficiente casino, però suonano discretamente.

  • prima impressione: 4/10
  • link a bandcamp: http://whitenight420.bandcamp.com/album/prophets-ov-templum-cdxx

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Eppure c’è una band che potrebbe far faville, vengono dall’Ohio, si vestono da satanisti anni ’70, il loro hammond sembra uscito fuori dall’Inferno e sono probabilmente il prospetto hard rock più interessante del panorama contemporaneo. Gli Electric Citizen non hanno ancora pubblicato un cazzo (ma il loro primo album, “Sateen“, dovrebbe uscire il primo Luglio!), ci sono solo due singoli su bandcamp e qualcosina nella giungla dell’internet, ma bastano quei pochi ascolti per capire che la RidingEasy Records le sta azzeccando tutte da un pezzo. Non siamo sulle frequenze doom-blues dei Kadavar, né sul blues-rock dei Blue Pills, questo è hard rock vecchia scuola, Deep Purple e Black Sabbath ne sapevano qualcosa.

  • prima impressione: 7/10
  • link per prenotare ‘sta bellezza: http://ridingeasyrecords.com/product/electric-citizen-sateen-vinyl/

E ora video come se piovesse:

Questa è Burning in Hell, ditemi voi che ne pensate.

Altro riffone dei Electric Citizen registrato probabilmente col culo.

Altro singolo, Light Years Beyond.

Degli allegri Audacity con Subway Girls.

Un po’ di garage con Garbage on Glue dei The Blind Shake.

The Night Marchers – Allez! Allez!

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Se conoscete John Reis (Rocket From The Crypt, Drive Like Jehu e tanto altro) allora potreste avvicinarvi ai The Night Marchers con una certa facilità.

Nel caso in sui le suddette band non vi dicessero niente… ma in che pianeta avete vissuto finora?

Dai, scherzi a parte (odio i talebani dell’onniscienza rock, sapere tutto senza capire un cazzo) Rocket e Drive fanno parte dell’ondata alternative degli anni ’90, ma con grosse differenze nel sound, per i Rocket legatissimo al garage e al proto-punk degli anni’60, mentre i Drive sono molto legati all’hardcore.

È chiaro pure ad un sordo che i Night Marchers sono il risultato di queste due esperienze collegate dalla figura del chitarrista cantante della band: John Reis.

Questo è il loro secondo album, ma il primo “See You In Magic” (2008) non l’ho ancora ascoltato, so solo che è stato ben accolto dalla critica (e quando mai). Leggendo qualche rivista mi sono saltati all’occhio di nuovo con il secondo “Allez! Allez!” (2013) e date le recensioni anche stavolta positive mi sono mosso per acquistarlo una settimana fa.

Messo sù la prima volta non mi disse un granché.
Lo ascoltai, lo riascoltai e lo ascoltai ancora, per giorni e giorni.

Mi sa che siamo di fronte ad uno di quei casi dove tra te e il musicista ci sono troppe differenze, una sensibilità magari troppo diversa. Forse, e ci sta, è anche il momento sbagliato. Mi è capitato spesso di approcciarmi ad album che ho amato fin dal primo ascolto per poi rivalutarli anche molto in negativo qualche mese o anno dopo, come mi è capitato altrettanto spesso pure il contrario.

Il problema di “Allez! Allez!” è che è un disco ben suonato e strutturato, ma senza niente da dire (o quantomeno da dirmi)!

L’unione delle due esperienze passate di Reis non è nostalgica, c’è anche da parte sua una rielaborazione consapevole di cosa passa di questi tempi, ma manca l’energia.

Cattivi, ok, ci sono quei due-tre riffoni che te la alzano al primo ascolto (2 Guitars Sing, Big In Germany, Fisting the Fan Base, All Hits) ma manca l’energia infernale del rock.

Il problema che riscontro sempre negli album belli di musicisti che hanno fatto la storia, ma che adolescenti non sono più, è sempre lo stesso: grande controllo, saggezza rock a palate, ma neanche l’ombra di quella forza che ti fa saltare dalla sedia e ti porta in qualche modo a spaccare tutto quello che ti trovi di fronte.

Un esempio di quello che dico è chiaro in Roll On, bel riff, bella evoluzione del pezzo (senza strafare, anzi), registrato come si deve, ma è tutto così controllato da sembrare inevitabilmente posticcio. Già meglio in Fisting the Fan Base (fra l’altro è il pezzo che conclude l’album…).

I The Night Marchers fanno un bel compitino rock, un acquisto per appassionati del garage in tinta alternative e con qualche strizzatina pop come in (Wasting Away in) Javalinaville, ma manca la passione primordiale che lo rende un album da acquisto sicuro.

Lo consiglio solamente a chi ama a dismisura Rocket From The Crypt, Pitchfork e Drive Like Jehu.

Peccato, pensavo meglio.

  • Pro: se vi piacciono le band fin qui citate l’acquisto ve lo consiglio, il sound è quello, e Reis sa bene che corde toccare.
  • Contro: mancano le palle infuocate, la sana rabbia rock.
  • Pezzo consigliato: Loud Dumb and Mean. Spacca abbastanza.
  • Voto: 5/10