
Avete presente quando ascoltate per la prima volta una canzone e vi sembra la cosa più bella che vi sia mai capitata? Come se tutte quelle precedenti non contassero più di tanto, che quel ritmo, quella melodia, quel suono, appartengono in tutto e per tutto solo a quella nuova canzone. Cos’è che determina questa splendida sensazione di coinvolgimento?
Il problema non è di così facile soluzione. Una grossa branca dell’evoluzionismo è soggetta all’illusione causale (di cui ho già scritto qui), per cui la musica è necessariamente frutto di qualche urgenza ancestrale, una forma adattiva, come per esempio l’utilizzo dei corni di animali per richiamare i maschi del villaggio durante l’attacco di un predatore, oppure l’imitazione delle melodie dei volatili, o magari l’uso di bordoni o ritmi ipnotici per le pratiche sciamaniche, oppure ancora, secondo le teorie antropologiche, melodie confortevoli per riunire le comunità attorno al fuoco. Ma la…
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